lunedì 10 aprile 2023

“Tout-court”


Daniele Gambarara per “Audiobox”, di Pinotto Fava, Radiouno 
a cura di Massimo Celani, Sabina Sacchi e Paola Scalercio.

 

 “Curti e malucavati”

 

Se proviamo a digitare “corto” su Google ci imbattiamo in 336.000 occorrenze (se ne sottraggano un centinaio dedicate a Corto Maltese) mentre quelle di “lungo” sono 1.560.000 (si sottraggano almeno quelle relative a Alberto Del Lungo).

Digitando “curto” se ne contano 324.000, ma a queste – in verità – occorrerebbe sottrarre i vari Jeffrey, Joe, Raul, Manuel, etc., che di cognome fanno “Curto”. La ricerca di “curti e malucavàti” non produce risultato alcuno. Sul web.

Ma ne conosciamo di persona almeno un paio.

 

L’utilità di quel che non c’è

 

Trenta raggi formano la ruota di un carro ma è il vuoto che ne determina l’uso.

Quel che esiste è utile, ma l’indispensabile è quello che non c’è.

La musica di Erik Satie, ad esempio, è utile per tutto quello che non vi si trova.


 

“Tout-court”

Espressione difficilmente traducibile (tant’è che le occorrenze sui siti web italiani erano 22.800, oggi saliti a 412.000.000). Letteralmente: tutto corto, di volta in volta sta a significare “direttamente”, “propriamente”, “esattamente”, “completamente”, con perentoria concisione.

“Quel che è esatto è breve” (Joseph Joubert).  La pubblicità è proprio questo. Tout court.

 

 

Il breve è cosa antica

(intervista a Daniele Gambarara)

 

“L’opposizione tra lunghezza e brevità si trova esplicitata in Platone. Socrate incontrando Gorgia e Protagora li prende un po’ in giro. Sa che sono entrambi capaci sia di lunghi discorsi (macrologia) sia di brevi discorsi (brachilogia), ma li prega di attenersi a quest’ultima perché gli affari non gli consentono molto tempo. La preferenza di Socrate per la brachilogia, per il breve discorso, è una preferenza per la possibilità d’intervento. La conferenza respinge nel tempo al più tardi l’interlocutore, mentre lo scambio veloce, l’interazione dialogica, gli da la possibilità d’intervenire in ogni momento e su ogni punto.

Chi voglia quindi difendere un punto debole avrà interesse a inserirlo in una serie di argomenti, altri dei quali attirino l’attenzione, a porli globalmente nel loro insieme, non fosse altro che per l’insidia della stanchezza e della memoria a tempo breve, l’ascoltatore abbia poi difficoltà a reintervenire su tutti i punti su cui avrebbe obiezioni e contro-argomenti”.

Dunque il breve è cosa antica. Breve è democratico”.

 

 

Il farsi breve di colui che è eterno

 

(Pino Stancari S. J.  per Audiobox, Radiouno, a cura di Pinotto Fava, Sabina Sacchi, Paola Scalercio,

RAI sede regionale della Calabria, 1986, a cura Massimo Celani)

 

“Il figlio di Dio – Gesù Cristo – fu il sì, dice S. Paolo. L’amen. L’amen eterno. Una vita spiritualmente condotta è una vita che coincide col sì detto una volta per tutte da Cristo – figlio di Dio – al Padre. L’incarnazione del figlio di Dio è il farsi piccolo di colui che è grande, il farsi breve di colui che è eterno. Senza rinunciare alla grandezza e alla eternità. Lo spazio e il tempo sono visitati dalla presenza incontenibile. Il mistero è esattamente piccolezza dell’incontenibile”.

 

Questo testo, dalla sera della registrazione nell'inverno del 1986, uso ricordarlo praticamente a memoria e la dice lunga sulla mia devozione nei confronti di Padre Pino Stancari. Era quasi mezzanotte ed eravamo nella Casa del Gelso, la sua piccola casa/chiesa, dove mai ero stato. Lui - puntuale - arrivò con la lambretta, diede un'occhiata a un librone (giuro che non era in greco antico: lo avrei riconosciuto) e mi fece segno di accendere il registratore. In RAI, per le riprese audio, eravamo tutti attrezzati con i costosissimi Nagra. Ricordo che quella conversazione durò non più di 3 minuti (pur essendo preceduta dalle mie paranoie di "rischio di conferenza"). Insomma, fu una lezione di brevitas pubblicitaria. Indimenticabile.

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