Daniele Gambarara per “Audiobox”, di Pinotto Fava, Radiouno,
a cura di Massimo Celani, Sabina Sacchi e Paola Scalercio.
“Curti e malucavati”
Se proviamo a digitare “corto” su Google ci imbattiamo in
336.000 occorrenze (se ne sottraggano un centinaio dedicate a Corto Maltese)
mentre quelle di “lungo” sono 1.560.000 (si sottraggano almeno quelle relative
a Alberto Del Lungo).
Digitando “curto” se ne contano 324.000, ma a queste – in
verità – occorrerebbe sottrarre i vari Jeffrey, Joe, Raul, Manuel, etc., che di
cognome fanno “Curto”. La ricerca di “curti e malucavàti” non produce risultato
alcuno. Sul web.
Ma ne conosciamo di persona almeno un paio.
L’utilità di
quel che non c’è
Trenta raggi formano la ruota di un carro ma è il vuoto
che ne determina l’uso.
Quel che esiste è utile, ma l’indispensabile è quello che
non c’è.
La musica di Erik Satie, ad esempio, è utile per tutto quello
che non vi si trova.
“Tout-court”
Espressione difficilmente traducibile (tant’è che le
occorrenze sui siti web italiani erano 22.800, oggi saliti a 412.000.000).
Letteralmente: tutto corto, di volta in volta sta a significare “direttamente”,
“propriamente”, “esattamente”, “completamente”, con perentoria concisione.
“Quel che è esatto è breve” (Joseph Joubert). La pubblicità è proprio questo. Tout court.
Il breve è cosa antica
(intervista a Daniele Gambarara)
“L’opposizione tra lunghezza e brevità si trova
esplicitata in Platone. Socrate incontrando Gorgia e Protagora li prende un po’
in giro. Sa che sono entrambi capaci sia di lunghi discorsi (macrologia) sia di
brevi discorsi (brachilogia), ma li prega di attenersi a quest’ultima perché
gli affari non gli consentono molto tempo. La preferenza di Socrate per la
brachilogia, per il breve discorso, è una preferenza per la possibilità
d’intervento. La conferenza respinge nel tempo al più tardi l’interlocutore,
mentre lo scambio veloce, l’interazione dialogica, gli da la possibilità
d’intervenire in ogni momento e su ogni punto.
Chi voglia quindi difendere un punto debole avrà
interesse a inserirlo in una serie di argomenti, altri dei quali attirino
l’attenzione, a porli globalmente nel loro insieme, non fosse altro che per
l’insidia della stanchezza e della memoria a tempo breve, l’ascoltatore abbia
poi difficoltà a reintervenire su tutti i punti su cui avrebbe obiezioni e
contro-argomenti”.
Dunque il breve è cosa antica. Breve è democratico”.
Il farsi breve di colui che è eterno
(Pino Stancari S. J. per Audiobox,
Radiouno, a cura di Pinotto Fava, Sabina Sacchi, Paola Scalercio,
RAI sede regionale della Calabria, 1986, a cura
Massimo Celani)
“Il figlio di Dio – Gesù Cristo – fu il sì, dice S.
Paolo. L’amen. L’amen eterno. Una vita
spiritualmente condotta è una vita che coincide col sì detto una volta per
tutte da Cristo – figlio di Dio – al Padre. L’incarnazione del figlio di Dio è
il farsi piccolo di colui che è grande, il farsi breve di colui che è eterno.
Senza rinunciare alla grandezza e alla eternità. Lo spazio e il tempo sono
visitati dalla presenza incontenibile. Il mistero è esattamente piccolezza
dell’incontenibile”.
Questo
testo, dalla sera della registrazione nell'inverno del 1986, uso ricordarlo
praticamente a memoria e la dice lunga sulla mia devozione nei confronti di
Padre Pino Stancari. Era quasi mezzanotte ed eravamo nella Casa del Gelso, la
sua piccola casa/chiesa, dove mai ero stato. Lui - puntuale - arrivò con la
lambretta, diede un'occhiata a un librone (giuro che non era in greco antico:
lo avrei riconosciuto) e mi fece segno di accendere il registratore. In RAI,
per le riprese audio, eravamo tutti attrezzati con i costosissimi Nagra.
Ricordo che quella conversazione durò non più di 3 minuti (pur essendo
preceduta dalle mie paranoie di "rischio di conferenza"). Insomma, fu
una lezione di brevitas pubblicitaria. Indimenticabile.
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