lunedì 17 gennaio 2022

Nostalgia di Ezio Vanoni

 


26 luglio 1949

Ezio Vanoni osserva che “un certo declassamento della moralità fiscale, […] una legislazione spesso caotica e talvolta ispirata a finalità demagogiche irraggiungibili hanno aggravato notevolmente il fenomeno della evasione fiscale. Fenomeno che oggi si verifica su di una scala preoccupante e che compromette una equa distribuzione dei carichi tributari. In una simile situazione la pressione tributaria diviene vessatoria e veramente insopportabile per gli onesti e per le categorie dei contribuenti che non possono sfuggire all’esatta determinazione dell’imposta per motivi tecnici. […] La evasione […] assume i caratteri di uno strumento di concorrenza sleale, così da compromettere i normali rapporti economici e da spingere sulla strada della frode fiscale una schiera sempre più numerosa di contribuenti” 
(Relazione al disegno di legge presentato al Senato della Repubblica nella seduta del 26 luglio 1949)

chi ha creato il debito pubblico

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“Organizzazione economica ed organizzazione politica raggiungono il proprio fine quando creano le condizioni perché l’uomo sia se stesso e possa attuare il proprio destino di perfezione in piena responsabilità e libertà. Le vie per la liberazione dell’individuo dalla miseria e dagli ostacoli materiali che lo inceppano sono di tempo in tempo diversi. Ma il fine di ogni azione nella società resta per noi immutabile: fare in modo che ogni uomo possa liberamente tendere a realizzare la pienezza di vita che risponde alla sua natura, e alla chiamata divina che lo sospinge” –

 

E. VANONI, La nostra via. Criteri politici dell’organizzazione economica, Roma, 1947, p.163.
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Nel secondo dopoguerra Ezio Vanoni (Morbegno 3 agosto 1903 – Roma 16 febbraio 1956) ha apportato un contributo fondamentale all’evoluzione del sistema tributario italiano sia attraverso la propria attività scientifica, sia con l’azione di governo. Senatore per la Democrazia Cristiana dal 1948, ricopre il ruolo di Ministro delle Finanze (1948-1954), Ministro del Tesoro ad interim (1951-1952) e Ministro del Bilancio (1954- 1956). Nel 1956 muore dopo aver pronunciato un discorso a Palazzo Madama. Durante la sua attività politica Ezio Vanoni avvia una riforma strutturale del sistema tributario finalizzata al miglioramento dei rapporti tra consociati e Stato e al risanamento dell’erario, depauperato non soltanto dalle vicende belliche ma anche – e forse soprattutto – dall’atavica propensione dei contribuenti a sottrarsi al pagamento dei tributi: in un discorso che conserva tuttora la sua attualità, Ezio Vanoni osserva che “un certo declassamento della moralità fiscale, […] una legislazione spesso caotica e talvolta ispirata a finalità demagogiche irraggiungibili hanno aggravato notevolmente il fenomeno della evasione fiscale. Fenomeno che oggi [1949 – N.d.A.] si verifica su di una scala preoccupante e che compromette una equa distribuzione dei carichi tributari. In una simile situazione la pressione tributaria diviene vessatoria e veramente insopportabile per gli onesti e per le categorie dei contribuenti che non possono sfuggire all’esatta determinazione dell’imposta per motivi tecnici. […] La evasione […] assume i caratteri di uno strumento di concorrenza sleale, così da compromettere i normali rapporti economici e da spingere sulla strada della frode fiscale una schiera sempre più numerosa di contribuenti” (Relazione al disegno di legge presentato al Senato della Repubblica nella seduta del 26 luglio 1949, in La perequazione tributaria, – Quaderni dell’Associazione fra le società italiane per azioni, Roma, 1956, I, 7). Ezio Vanoni è consapevole della necessità di perseguire i propri obiettivi in maniera graduale, mettendo in atto “una sistemazione transitoria […] senza compromettere eccessivamente il gettito delle imposte e senza mettere in pericolo il bilancio nel periodo di transizione” e agendo “con energia, ma con prudenza, frenando impazienze per quanto legittime” (Ibidem, 14 ss.). Ezio Vanoni avvia la sua paziente opera di riforma agendo su più fronti, non soltanto attraverso la correzione della disciplina legislativa (come avvenne, ad esempio, con l’approvazione della tariffa doganale nel 1950) ma anche risolvendo problemi pratici. L’intervento più significativo è rappresentato dalla generalizzazione della dichiarazione annuale e unica di tutti i redditi con la l. 11 gennaio 1951, n. 25, recante “Norme sulla perequazione tributaria e sul rilevamento fiscale straordinario”: con la reintroduzione (cfr. d.lgs. luogotenenziale 24 agosto 1945, n. 585) di questo adempimento periodico ha infatti inizio un progressivo cambiamento nel ruolo di entrambi i soggetti coinvolti nel rapporto tributario. Se dall’Unità d’Italia al Secondo Dopoguerra il contribuente è gravato soltanto dell’obbligo di pagare le somme calcolate dall’Amministrazione finanziaria, a partire dagli Anni Cinquanta egli è chiamato a liquidare il tributo dovuto predisponendo, allegando e conservando una dettagliata documentazione dei fatti fiscalmente rilevanti: la cosiddetta “Riforma Vanoni” ha assunto una portata quasi pedagogica (cfr. G. MARONGIU, L’imposta personale e progressiva nel pensiero e nell’opera di Ezio Vanoni, in Dir. prat. trib., 2000, I, 511 ss.) perché, abituando milioni di 5 contribuenti a interagire regolarmente con l’Amministrazione finanziaria, ha preparato il campo alla tassazione di massa avviata negli Anni Settanta. Per far fronte al controllo di una maggiore mole di adempimenti, è avviato un parallelo processo di riorganizzazione dell’Amministrazione finanziaria, realizzata mediante interventi mirati su sedi (cfr. la razionalizzazione della distribuzione territoriale degli uffici), mezzi (cfr. l’introduzione del meccanografico) e persone (cfr. i corsi di formazione per migliorare la preparazione dei funzionari). Nella visione vanoniana ciò che deve mutare non è soltanto la modalità mediante la quale è assolto l’onere tributario o l’organizzazione della Pubblica Amministrazione, ma anche – e soprattutto – la mentalità dei consociati: Ezio Vanoni vuole che l’Italia passi da un sistema fiscale in cui l’imposta è… “imposta” e si “paga bestemmiando lo Stato”, ad un nuovo assetto che consenta al contribuente di essere conscio della propria “dignità di partecipe della vita statale” e di “esercitare, pagando, una vera e propria funzione sovrana”: per usare le parole dello stesso giurista, il contribuente “è legato alla vita dello Stato impositore da una sostanziale identità di interessi: la stessa vita dello Stato e la partecipazione dei cittadini alla vita dello Stato, perché il tributo costituisce fattore di giustizia sociale e in questa identità trova la sua giustificazione in una funzione perequativa”. La rivoluzione copernicana si traduce nel passaggio dal dovere tributario – un impegno inderogabile di solidarietà economica, adempiuto dagli individui attraverso il trasferimento della ricchezza privata alle organizzazioni pubbliche – alla consapevolezza del diritto tributario, vale a dire del diritto che ha ciascun consociato a vedere garantito il proprio benessere attraverso l’erogazione di servizi alla comunità (sanità, istruzione, sicurezza, difesa ecc.) finanziati mediante un prelievo equo e attuato secondo procedure giuste. 

Leda Rita Corrado 
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(...) Nella storica tornata elettorale del 18 aprile del 1948, la DC, guidata da Alcide De Gasperi, alla Camera che al Senato, ottenne il 48,55 e il 48,14% dei voti, mentre il Fronte popolare ne otteneva solo 31% sia Camera che al Senato. Vanoni, Ministro delle Finanze nel nuovo governo guidato da De Gasperi e composto anche da socialdemocratici, liberali e repubblicani, si trovò a dover affrontare un quadro fiscale drammatico. L’inflazione nel 1947 era stata nel complesso del 60%, ma nell’aprile di quell’anno Lugi Einaudi, come governatore della Banca di Italia, aveva bloccato l’espansione monetaria, mediante una severa manovra di stretta del credito, attuata aumento delle riserve obbligatorie delle banche. Poi ne aveva mitigato gli effetti deflattivi consentendo agli esportatori di utilizzare la valuta da loro ricavata, per effettuare importazioni così da attuare una parziale, significativa liberalizzazione degli scambi. Il PIL del 1947 era aumentato in misura molto elevata a causa della manovra einaudiana di liberalizzazione degli scambi, ma ciò aveva generato uno squilibrio nella bilancia dei pagamenti con l’estero, in quanto il divario fra importazioni ed esportazioni era arrivato a sfiorare il 4% del PIL. L’Italia, in sostanza, aveva un eccesso di consumi e investimenti sul prodotto nazionale, generato dal disavanzo pubblico, che, a sua volta, generava un grave disavanzo con l’estero. In effetti, le entrate tributarie erariali del bilancio statale erano appena il 5,1% del PIL mentre le spese erano 14% del PIL Il deficit del bilancio statale era lo 8,8% del PIL. Nel 1948, il primo anno al Ministero delle Finanze, Vanoni, mediante la riorganizzazione degli uffici e un lavoro attento di miglioramento dei tributi esistenti e dei loro accertamenti, riuscì ad aumentare le entrate erariali di2,8 punti portandole dal 5,1 al 7,9% con un aumento percentuale del 55%! (...)

Francesco Forte, LA RIFORMA TRIBUTARIA DI VANONI. PERCHè ESSA E’ ATTUALE A 6O ANNI DALLA SUA MORTE, Prefazione al libro di Gianni Marongiu,  Ezio Vanoni Ministro delle finanze GIAPPICHELLI, TORINO, 2016, pagg. X-XXII 

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